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Canepina deve il suo nome alle coltivazione della canapa: canapine erano denominati gli appezzamenti di terreno destinati alla canapa. La produzione era a carattere familiare e per uso domestico; gli appezzamenti erano limitati, in genere, a 50/100 mq.
La lavorazione della canapa era lunga e complessa, tanto che a Canepina un scherzoso modo di dire dice “che ne possa passe’ quante ne passe la canepa!”.
Dopo aver ottenuto le matasse si passava alla formazione dei gomitoli e si usava l’arcolaio costituito da una croce in legno inserita orizzontalmente su un perno girevole.
L’orditura consisteva nella preparazione dell’ordito: dalla cassetta dei gomitoli usciva una serie di fili che venivano intrecciati e disposti senza intrecciarsi sull’orditoio.
La tessitura, infine si otteneva con l’intreccio dei fili di ordito con quello di trama.
Le lunghe e complesse fasi per lavorare la canapa hanno lasciato una traccia significativa nella tradizione orale; diverse filastrocche rimandano al lavoro lungo ed in solitudine della filatrice:
Lunedì presi la rocca
martedì la inconocchiai
mercoledì la ricercai
giovedì la ritrovai
venerdì presi lo fuso
sabato mi lavai la testa
domenica non lavorai perché era festa
Mamma mia, ajo sconocchiato
Barbaroscia m’ha ajiutato.
Se Barbaroscia non m’ajiuteva,
sta conocchia non se sconocchieva
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Orditura e tessitura
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Filatura e corredo