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  • L'Archivio. Museo come luogo di conoscenza

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Prima di entrare nel museo di Itri qualcosa reclama attenzione. È un cumulo di pietra bianca locale che disegna sul pavimento una figura incerta. È una immagine inquietante che rinvia ad una tragedia avvenuta. È un corpo sfigurato ed esanime che richiede sepoltura. E’ un segnale che invita a prendere sul serio la missione etica e riflessiva del Museo del Brigantaggio di Itri.
In esergo sul pannello si racconta la storia di Giacinto Dragonetti ucciso il 15 febbraio del 1812. Il suo corpo, ritenuto indegno di sepoltura, fu gettato  fuori delle mura della comunità di Monticelli, ora Monte San Biagio, e la sua testa esposta come monito per la popolazione. Quel cadavere ridotto a quarti, come una bestia, non avrebbe così più avuto speranza nella pietà divina. La resurrezione, come la memoria pacificata dei posteri, sarebbe stata preclusa. Nel pannello si legge che il visitatore avrà modo di comprendere, acuendo una sensibilità per le testimonianze, le scritture e i punti di vista situati, come sia contesa la verità sulle storie estreme dei briganti del Basso Lazio.
Al di là del conflitto di interpretazioni, che viene messo in mostra, si tenterà comunque di comunicare in modo evocativo un livello di senso ormai ampiamente condiviso ma tutt’altro che espresso compiutamente: la necessità di conoscere e conservare costituisce un impegno etico da noi contemporanei contratto nei confronti di quanti persero la vita, e spesso l’onore, nelle vicende del brigantaggio. Il realizzare un luogo istituzionale di  memoria acquista anche il senso di dare a questi nostri conterranei una degna “sepoltura”.
Il museo del Brigantaggio di Itri intende presentarsi con una duplice identità: come Museo – Archivio, luogo di conoscenza, conservazione e valorizzazione del patrimonio documentario , e come Memorial, luogo di dolore e di ricordi verso quanti nel passato, perché vinti,  hanno subito la dannazione della memoria.

 

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Il brigante di pietra