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  • mola con contenitore per l’acqua e sostegni per la riparazione delle scarpe

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Nell’archivio parrocchiale del 1924 sono documentati a Riofreddo ben 30 calzolai che, rispetto agli altri artigiani, si distinguevano per una maggiore cooperazione tra di loro: chi aveva più lavoro aiutava gli altri. All’epoca il cuoio da mettere sotto le scarpe lo vendeva Ferdinando Carboni, in seguito i calzolai andarono a rifornirsi a Carsoli, a Tivoli e poi anche a Roma. Lo spago lo facevano da soli con la canapa, la setola e la pece. Essi fabbricavano scarponi, per uomini e donne, cuciti con lo spago e ingrassati con il grasso di pecora, che avevano la suola chiodata e lacci in pelle (curiòli). In tempi più recenti, anche per la presenza di villeggianti, i calzolai cominciarono a riparare le scarpe e i tacchetti. I calzolai non possedevano una fratellanza di mestiere, ma festeggiavano S. Crispino andando tutti all’osteria.

Gli strumenti e i prodotti del calzolaio esposti al museo sono: una macchina per cucire le scarpe “Necchi”; un tavolo da lavoro; una mola con soprastante contenitore per l’acqua; macchine perforatrici che consentivano l’inserimento di gancetti od occhielli per il passaggio dei lacci; sostegni per le scarpe che ne consentivano la lavorazione; forme in legno di varie dimensioni; modelli in carta per la realizzazione della tomaia; bisegoli che arroventati servivano a lisciare e lucidare il taglio delle suole o dei tacchi; una rotella per eseguire la zigrinatura sul guàrdolo (striscia di cuoio di rinforzo tra suola e tomaia); un piccolo oliatore (buzzichetto); un trincetto; gancetti e chiodi; un paio di scarponi con suola chiodata.