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L’albero del pastore è un grosso ramo con corte ramificazioni decorticato e infisso nel terreno su cui veniva riposta l’attrezzatura, i generi alimentari, i contenitori con il latte per sottrarli agli animali selvatici e ai cani che accompagnavano il gregge al pascolo. L’oggetto (alto circa 3 metri) è stato realizzato nel 1994 dal pastore Immacolatino “Macolato” Tarquini.
L’attività pastorale è testimoniata per tradizione fin dall’antichità ed è connessa ai tempi di transumanza estiva ed invernale legati anche ai circuiti di scambio. le zone maggiormente interessate erano Tivoli e gli altipiani sublacensi. Come le altre attività tradizionali anche la pastorizia ha conosciuto un drastico ridimensionamento: negli anni Cinquanta a Roviano si contavano circa 20 pastori, mentre negli anni Ottanta erano scesi a soli 3.
L’attività del pastore di divide tra estate e inverno: l’estate le greggi restano in montagna e pascolano solo di notte, a causa del caldo, e il compito del pastore è fondamentalmente quello di portarle ad abbeverarsi. D’inverno le pecore vengono ricollocate nell’ovile durante la notte e all’alba, dopo la mungitura, si portano al pascolo.
Il pastore conosce ogni capo di bestiame, quindi è in grado di gestire al meglio il gregge, anche in funzione delle necessità produttive. Per la commercializzazione della lana e per la tosatura, che avveniva in giugno, si faceva riferimento a personale specializzato che arrivava da varie zone della provincia. A mungere, invece, è lo stesso pastore e i sistemi utilizzati sono due: a zampa e a vao. Col primo, da sempre usato a Roviano, lo stesso pastore sceglie le pecore da mungere e le segue; nel secondo il pastore siede al centro della mandria e fa passare ad una ad una le pecore accodate.
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