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Vitigno iscritto al Registro nazionale delle varietà di vite
Codice 060
L’origine del Cesanese Comune come vitigno è ancora incerta, molti autori del passato lo ricordano per la produzione di vini generosi, o come un’uva coltivata nelle campagne di Roma, ma nessuno, fino al testo del Mengarini del 1888[1] lo distingue dal Cesanese di Affile. In seguito il Mancini ne darà ampia descrizione, descrivendolo prima come vitigno coltivano nelle zone del frusinate e poi passando alle terre dei Castelli Romani: Il cesanese, il principe dei vitigni a frutto rosso dei castelli, è vitigno pregevolissimo sotto tutti i riguardi. (in nota: Si conoscono tre sottovarietà di cesanese distinte coi nomi seguenti: cesanese comune, cesanese velletrano, cesanese d’Affile.).
Ed ancora secondo il Mancini: Il vitigno che dà il genio ai vini dei castelli è il cesanese, che non esitiamo a riconoscere come uno dei migliori vitigni italiani, e che osammo chiamare addirittura il nostro pinot. […] Non sarebbe forse ora che i vinicultori dei castelli se ne persuadessero?! […] Ed invero presso qualsivoglia produttore dei castelli voi andiate, esso ha sempre da offrirvi qualche bottiglia di cesanese più o meno vecchio, fabbricato quasi esclusivamente per uso della famiglia e degli amici, bevuto il quale, voi non potete fare a meno di esprimere la vostra ammirazione pei vini del Lazio.[2]
Nel corso delle nostre ricerche si sono raccolte infatti testimonianze nel territorio di Genzano che identificavano un canto d’osteria, poi rintracciato e registrato, che nel citare le coltivazioni di aleatico e cesanese le promuove come produzione tipica del territorio, in una strofa infatti così si cantava “… c’avemo il vino bono ‘leatico e cesanese è l’unico mestiere che adopra il genzanese…”. Nonostante le raccomandazioni del Mancini e di illustri sui colleghi contemporanei, la coltivazione del Cesanese nell’area dei Castelli Romani, così come la maggior parte dei vitigni a bacca rossa è andata mano a mano a ridursi, fino quasi a scomparire definitivamente. Registriamo la tendenza odierna di alcune aziende nel rispristino di tale vitigno e nella sua vinificazione in purezza.
[1] Flavio Mengarini, La viticoltura e l’enologia del Lazio, Tipografia della Reale Accademia dei Lincei, Roma, 1888, p. 54.
[2] Camillo Mancini, Il Lazio Viticolo e Vitivinicolo, Città di Castello (PG), Tipografia S. Lapi, 1888, pp. 108, 209, 221.
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Cesanese
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Canto Genzanese Noi Ce L'avemo Interprete Irene Sabatini