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Di quando Tiburzi intervenne in aiuto di una vedova
che era povera e quindi non poteva pagare l’affitto,
fare la spesa e curare il figlio piccolo malato

 

«IL FATTERELLO È QUESTO»

Narrato come una fiaba a veglia. Con i suoi protocolli rituali, le sue iterazioni formulaiche. Due voci, una narra il “fattarello” e dà corpo al personaggio della vedova, l’altra a quello di Tiburzi e degli altri. Da intonare proprio come il “c’era una volta” (testo ripreso dal racconto di Giovanni Capponi)

– Si dice che… mo’ non lo so se questa storia è vera, io però ve la racconto come l’ho sentita. Allora, il fatterello è questo. C’era una donna disperata, perché era rimasta vedova e aveva un figlio piccolo. In più non lavorava. Stava di casa a Cellere, in affitto. Veniva il padrone e gli chiedeva i soldi dell’affitto. Mese dopo mese. Ma lei come faceva? A quei tempi non era come oggi che magari uno s’arrangia. Prima non c’era… prima non c’era! C’era la fame veramente e lei non sapeva proprio come fare. Allora praticamente gli dice che non ci ha i soldi e che non può pagare. Il padrone allora dice…
– Allora faremo così: domani torno e se non mi paghi io ti butto fuori!
– Peggio che peggio, quella notte il figlio della donna cadde malato con una febbre altissima. Ci mancava solo questa. Già era addolorata perché era vedova, poi c’era la fame, poi l’affitto… Insomma venne l’indomani e la donna per non farsi vedere disperata dal figlio malato si mise a piangere alla finestra. In quel momento passa Tiburzi, e non lo so se stava col Menichini o con Luciano Fioravanti, ma passa Tiburzi insomma, vede la donna e gli dice…
– Bella signora, che c’è?
– E quella dice… “ma no, niente niente”…
– No no, vieni giù!
– Insomma la invita a scendere. Lei scende le scale. E lui dice…
– Che succede, bella signora!
– “Ma no, niente… Succede che non ci ho i soldi, e il padrone di casa mi scaccerà, e, come se non bastasse, ci ho pure un figlio piccolo e malato… come devo fare!” Alla fine lui gli fa…
– Aspetta!
– Scrive un bigliettino, glielo mette in tasca e gli dice…
– Con questo vai a fare spesa, se ti serve il pane, quello che ti serve per mangiare… e dopo che hai speso dàgli questo bigliettino… vedrai che farà. Ma fattelo ridare. Poi vai dal farmacista, compra la medicina per tuo figlio malato… e dopo che hai speso dà questo bigliettino al farmacista… vedrai che farà. Ma fattelo ridare. Poi, quando viene il padrone di casa, prima che lui apre bocca gli fai vedere questo bigliettino… Basta! Tutto qui.
– E se ne va per dove era venuto… “Ma io”… Il fatto è che questa donna non lo conosceva, non sapeva che lui era Tiburzi. Ma a un certo punto fa come gli ha detto Domenichino. Dice, “tanto non ci rimetto niente”. Va a fare spesa, compra il necessario (perché a quei tempi non è che uno… quando avevi comprato il necessario per vivere… era d’avanzo), insomma compra il necessario e quando arriva il momento di pagare tira fuori il bigliettino e glielo fa vedere. E quello dice…
– Va bene va bene, a posto così, arrivederci!
– E glielo restituisce. La donna quasi non ci credeva. Allora va dal farmacista e compra la medicina per il figlio malato. Quando arriva il momento di pagare tira fuori di nuovo il bigliettino e glielo fa vedere. E quello…
– Va bene va bene, a posto così, arrivederci!
– E glielo restituisce. Allora quella (contenta!) torna a casa ma sulla porta di casa trova il padrone.
– Sono tornato a riscuotere l’affitto, se non mi paghi ti butto fuori!
– Allora lei fa uguale. Prima che lui la minacci, tira fuori il bigliettino e glielo fa vedere. Lui lo legge e dice…
– Chi te l’ha dato?
– “Non lo so. È passato un signore e me l’ha dato e ha detto che se non ti va bene devi parlare con lui.” Ma quello dice
– Va bene va bene, stai stai, va bene, ciao!
– E se ne va. La donna porta la medicina al figlio e lui guarisce. Dopo un po’ di tempo seppe che quel signore era Domenico Tiburzi. Io non lo so ma dice che dopo non la mandarono più via di casa. Perciò anche lì Tiburzi ha fatto un’opera buona. O no?

Montaggio narrativo delle fonti di Antonello Ricci
Con le voci di Michela Benedetti, Sara Grimaldi e Alfonso Prota

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